Non capita spesso di andare a parlare di titoli sviluppati da team italiani, nonostante la scena italiana sia tutt’altro che inattiva. Storm in a Teacup è uno studio fondato nel 2013 che finora ha sviluppato titoli che nonostante alcune idee indubbiamente meritevoli non sono riusciti ad imporsi sul mercato. Con la loro ultima produzione, Close to the Sun, è evidente la volontà di offire un titolo in grado di conquistare finalmente i cuori del grande pubblico e garantire quindi il futuro del team. Le aspettative erano indubbiamente alte ma dopo la nostra prova non possiamo definirci totalmente soddisfatti dal titolo.
Close to the Sun è ambientato in una versione alternativa della fine del 1900, dove la guerra per l’energia tra Tesla e Edison continua ad infuriare senza esclusione di colpi, tra sabotaggi e spionaggio. Per questo motivo Tesla decide di creare una gigantesca nave, la Helios, dove riunire l’elite scientifica ed intellettuale dell’epoca per dedicarsi alla ricerca senza limitazioni imposte dai governi e relativamente al sicuro dalla minaccia rappresentata da Edison. Nei panni della giornalista Rose Archer saremo chiamati sulla Helios da nostra sorella Ada, da tempo a bordo della nave, per portarla in salvo da quella che si è trasformata in una gigantesca trappola galleggiante. Al nostro arrivo infatti sarà evidente che le cose non stanno andando come previsto, con la nave apparentemente in quarantena e strani appunti che parlano di una misteriosa ed incontrollabile fonte d’energia. Dovremo quindi usare tutta la nostra abilità per riuscire a salvarci e per scoprire la verità su quanto accaduto. È difficile non vedere la palese ispirazione a titoli come Bioshock, sia nell’incipit narrativo che nelle atmosfere, ma laddove il primo univa all’ottima ambientazione un gameplay ricco ed appagante, Close to the Sun sembra ripudiare la componente action in favore di un’esperienza più simile a quella di un walking simulator. Passeremo infatti la maggior parte della nostra esperienza di gioco ad esplorare i corridoi deserti della Helios, risolvendo enigmi abbastanza immediati e sfuggendo alle inquietanti presenze della nave senza avere modo di difenderci. Se da un lato comprendo la scelta di non inserire una componente action nel titolo, per evitare di rendere il progetto troppo complesso, dall’altro non posso che ritenere questa scelta decisamente fallimentare nell’economia di quest’ultimo. Le scarse possibilità d’interazione con il mondo di gioco (che si limitano alla pressione di un solo tasto) non sono sostenute in modo adeguato dalle sue atmosfere, incapaci di mantenere il giusto livello di tensione per tutta la durata dell’esperienza. I 10 capitoli che compongono l’esperienza non riescono mai a sviluppare appieno il potenziale narrativo e ludico dell’incipit, lasciando al giocatore la sensazione di trovarsi davanti un’opera incompleta.
Se il gameplay non convince appieno, il lato tecnico ed artistico del titolo invece riesce a colpire fin da subito il giocatore. La visuale in prima persona ed il bassissimo numero di altri personaggi presenti nel gioco, pone fin da subito la Helios in una posizione centrale rendendola la vera protagonista del gioco. I suoi corridoi scarsamente illuminati, che nonostante lo spazio ridotto sono squisitamente arredati in uno stile che strizza l’occhio all’art déco, si alternano a stanze di ampio respiro che esprimono i sogni di grandezza che caratterizzavano l’operato di Tesla. I vari oggetti presenti sono ben modellati e ricchi di dettagli, ma la scarsa possibilità d’interazione non permette di apprezzarne a pieno la realizzazione meticolosa e di indubbio valore. A questo comparto visivo d’eccezione si affianca un lato sonoro che non riesce a supportare adeguatamente l’esperienza di gioco. Al netto di un buon doppiaggio (il titolo è completamente localizzato in italiano) che risulta convincente anche se non eccezionale, la colonna sonora del titolo appare poco incisiva e non in grado di fare da giusto accompagnamento alle (poche) scene d’azione. Anche sul fronte dei vari effetti audio non posso che definirmi deluso dalla scarsa incisività dei vari suoni ambientali, incapaci di mantenere la giusta tensione durante l’esperienza. Certo, il titolo non vuole essere un horror basato sui jump scare, ma considerando la scarsa mole d’azione presente, una maggiore atmosfera avrebbe senza dubbio giovato.